Sotto il regno borbonico di Ferdinando IV scoppiava in Europa la Rivoluzione Francese.
Sconfitto Napoleone e restaurato "l`Ancienne regime", dopo il congresso di Vienna la "Trinacria" e il regno di Napoli vennero unificati nel "Regno delle Due Sicilie".
A Ferdinando I successe il figlio Francesco I (1825-1830), che proseguì l’azione repressiva del padre nei confronti della Sicilia, quindi Ferdinando II (1830-1859) ed infine Francesco II, il cui regno durò sino all’impresa dei Mille di Garibaldi nel 1860.
Dopo l’Impresa dei Mille, infatti, il governo piemontese inviò nell’isola Agostino Depretis col titolo di pro-dittatore della Sicilia: egli si distinse per la piemontesizzazione dell’apparato pubblico siciliano imponendo lo Statuto Albertino ed istituendo due sezioni del Consiglio di Stato che di fatto depredavano i siciliani della loro autonomia.
E mentre le classi borghesi-nobiliari non vennero danneggiate nei loro interessi dal governo sabaudo, la reazione dei contadini e degli operai si concentrò nei Movimenti dei Fasci (o delle Leghe contadine), che elaborarono e presentarono le loro rivendicazioni con la richiesta di modifica dei patti di mezzadria e affitto; ma il Governo Crispi soffocò nel sangue le proteste e le reazioni dei contadini. Da questo momento in poi, iniziò e si accentuò rapidamente il fenomeno dell’emigrazione; i contadini e la povera gente che aveva riposto grandi speranze nell’impresa garibaldina, ora, delusi, abbandonavano la loro terra alla ricerca di un avvenire meno incerto nelle terre del nuovo continente, liberi da ipoteche mafiose e baronali: dai 20.000 del 1897 si passò ai 146.061 emigrati del 1913.
A Nicosia, nel 1789 veniva costruito un abbeveratoio in C/da Itria, all’ingresso di Porta Palermo.
Per sostenere le spese contro le armate francesi, il Governo borbonico tassò continuamente i sudditi; la Sicilia fu chiamata ad offrire un milione di ducati, della quale una grossa fetta fu richiesta ai comuni.
Nicosia fu chiamata a corrispondere un capitale di mille once annue: per reperire tale somma la città dovette alienare i feudi demaniali di Marrocco e Cannella; a compensare gli abitanti nicosiani, con regio dispaccio del 30 agosto 1798, Ferdinando IV concesse a Nicosia l`Università Studiorum con sei facoltà: Lettere, Filosofia, Teologia, Diritto Civile ed Ecclesiastico, Fisica e Matematica.
L`11 dicembre 817 la Sicilia, venne ripartita in sette Intendenze, ciascuna delle quali comprendeva più Sottointendenze. L`Intendenza di Catania abbracciava quattro Sottointendenze, di cui una era costituita da Nicosia.
Il 17 Marzo del 1817, papa Pio VII creò a Nicosia una nuova diocesi, elevando la chiesa di San Nicolò a Cattedrale; il primo Vescovo (nominato nel 1818) della nuova diocesi fu mons. Avarna.
Anche Nicosia partecipò attivamente al movimento risorgimentale: 58 sacerdoti risultava no aderenti alla Carboneria nel 1821, il sacerdote Luigi Venuta animava la rivoluzione del 1848, il poeta e magistrato Nicola Cirino (1801-1851) cantava gli ideali libertari.
Dopo l`unità d`Italia, le leggi di esproprio dei beni della manomorta (1867) comportarono anche a Nicosia la confisca di beni ecclesiastici e di monasteri: S. Vincenzo, S. Domenica, S. Biagio, S. Francesco d`Assisi, S. Maria di Gesù (adibito poi a caserma), convento dei Cappuccini (adibito poi a Carcere).
Ma a Nicosia, parzialmente in controtendenza rispetto all’Isola, dopo il 1860 si registra un aumento di popolazione (16.000 nel 1901) ed una certa vitalità socioeconomica e culturale: nel 1852 viene edito dal Narbone il libro “Notizie storiche di Nicosia” di Beritelli, e La Via, nel 1865 inizia ad essere pubblicato il primo periodico locale “Il Montanaro”, nel 1895 viene inaugurata una Cassa rurale. Vengono altresì realizzate l`illuminazione notturna, le strade rotabili verso i centri limitrofi, il teatro comunale e il nuovo cimitero.