
All`alba del Settecento, la nobiltà feudale siciliana, in cambio di una totale fedeltà politica, aveva mantenuto larghi privilegi territoriali ed economici (infatti, il peso fiscale dei contributi si scaricava soprattutto sulle classi popolari e, in parte, sul clero). Palermo era la sede della corte vicereale e la maggior parte della nobiltà isolana vi risiedeva; privati, dal vicereame, di un vero ruolo politico, affermavano il loro prestigio con l’esibizione di costumi fastosi, di etichette e di cariche onorifiche. Si creò così un tipo di economia dove gli investimenti si indirizzavano a spese di rappresentanza anziché in imprese produttive.
In questo quadro storico, le uniche committenze per gli artisti potevano provenire solamente dalle famiglie nobili o dagli istituti religiosi.
Nell’entroterra siciliano si registrava così una vivace tradizione artistica, sulla scia di quello che accadeva nella capitale palermitana, dove le maestranze avevano introdotto il gusto per la decorazione a stucco di tipo serpottiano.
Anche a Nicosia, i baroni diventarono mecenati e assicurano una importante fioritura di artisti locali; inoltre, a loro spese, chiamarono artisti a dipingere pale d`altare, cibori ricchi di marmi, calici d`argento, estensori d`oro, e fastose custodie di legno.
Fra gli artisti locali, figura di primo piano è senz’altro il nicosiano Filippo Randazzo; il Nostro (per la sua infermità soprannominato “il monocolo di Nicosia”) nacque a Nicosia nel 1692; a spese del suo mecenate, il barone G. Antonio La Motta di Sant’Agrippina, si recò a studiare a Roma alla scuola del Conca; ritornato in Sicilia intorno al terzo decennio del secolo, si trasferì a Palermo dove si inserì a pieno titolo nel suo vivace ambiente artistico (già vi operavano il Grano, il Tancredi e il Borremans). Nel 1744, eseguendo un affresco per la chiesa di S. Caterina a Palermo, morì a seguito di una caduta dal ponteggio. Il Randazzo eseguì un notevole gruppo di opere sia a Nicosia, che a Palermo, Corleone, Carini, Agira e Termini. A Nicosia dipinse:
- nella chiesa di San Francesco di Paola: .S. Francesco di Paola e S.Francesco di Sales, olio su tela; .Madonna e sante Vergini, olio su tela; .Madonna con i SS. Francesco di Paola, Nicola di Bari e Domenico, olio su tela.
- nella chiesa di San Calogero: .Episodi del Vangelo, affreschi parietali; .I Re Magi, olio su tela (attribuito);
- nella Cattedrale di S. Nicolò: . la Sacra Famiglia; .l’Immacolata.
Nel primo trentennio del secolo, oltre al Randazzo, a Nicosia si registra la presenza di importanti artisti dell’epoca, fra i quali si enumerano i seguenti.
Guglielmo Borremans (Anversa, 1672 – Palermo, 1744), famoso artista fiammingo,stabilitosi inizialmente a Napoli, intorno al 1715 si trasferì a Palermo, dove fu particolarmente ricercato per la sua tecnica dell`affresco e per il cromatismo dei sui dipinti; la sua fama si estese quindi in tutto il territorio siciliano, dove venne chiamato a lavorare nei centri più importanti. Uno dei suoi capolavori è conservato a Nicosia nella chiesa di San Vincenzo Ferreri dove, l’interno della chiesa, è arricchito da suoi splendidi stucchi ed affreschi commissionati nel 1717: nella volta centrale, il Nostro affrescò (con la tecnica dello sfondato prospettico e del trompe l’oeil) la grandiosa Gloria di San Vincenzo e dell’Ordine domenicano; ai piedi del santo, coronato dalla Santissima Trinità, sono raffigurati Pietro, Paolo, Mosè e Giovanni Battista, e le sante domenicane Caterina da Siena, Rosa da Lima e Agnese da Montepulciano; la decorazione è completata da due medaglioni circolari, il primo raffigurante San Domenico con i quattro Evangelisti e il secondo San Tommaso d`Aquino con i Dottori della Chiesa. Nella lunetta centrale dell’ingresso laterale spicca la figura di Santa Caterina d’Alessandria, mentre nelle altre lunette sono rappresentati i Papi domenicani (Innocenzo V, Benedetto XI, Pio V e Benedetto XIII); nella volta del cappellone, un medaglione centrale raffigura l’Angelo che segna gli eletti.
I fratelli Manno (Antonio, Salvatore,Vincenzo e Francesco), che si formarono nella cerchia di Vito D`Anna, furono titolari di una affermata bottega artistica palermitana. Di Antonio (1739-1810), fra le sue numerose opere, si ricordano gli affreschi la volta del salone dell`attuale Palazzo Fatta, le sette tele per la Chiesa Madre di Mistretta (entrambe realizzate nel 1771) e gli affreschi della Chiesa del Collegio di Maria a Palermo nel 1774. Sono di sua mano i decori di molti palazzi aristocratici, fra i quali Belmonte Riso e Geraci. Dopo una lunga e feconda attività morì nel 1810: si era ammalato mentre lavorava agli affreschi della Collegiata di S. Nicolò a Nicosia. Vincenzo nacque intorno agli anni Cinquanta del XVIII sec.; eseguì gli affreschi della Chiesa Madre di S. Stefano di Quisquina, decorò parte della volta della Chiesa di S. Giuseppe a Palermo, nel 1800 decorò la Chiesa di S. Lorenzo a Trapani. Francesco nacque nel 1752; la sua attività si svolse quasi esclusivamente a Roma, dove si recò nel 1786 su interessamento del barone Pisani. Si pensa che intorno al 1820 soggiornò per breve tempo in Sicilia. Morì a Roma nel 1831. Salvatore, fu il più giovane dei fratelli e lavorò a Palermo nella bottega di famiglia; divenne poi eremita presso il Santuario di S. Rosalia alla Quisquina. Morì dopo il 1831. A Nicosia, due di essi, Antonio e Vincenzo, nel 1810 affrescarono la volta in gesso della navata centrale.
Elia Interguglielmi (Napoli, 1746 – Palermo, 1835), nella città partenopea affinò la sua arte pittorica nella scuola di G. Bonito e di A. Dominaci; nel 1767 si trasferì a Palermo, dove sono conservate numerose sue tele nelle sue più importanti chiese. Negli anni seguenti, la pittura del Nostro si adegua alle esigenze dell`aristocrazia palermitana, con interventi decorativi (fra tardo-barocco e nuove sollecitazioni neoclassiche) in palazzi e ville palermitani.
A Nicosia, nel 1791, firmava la Trinità e santi nella chiesa di S. Francesco di Paola.
Giuseppe Velasco (1750-1827), figlio dei palermitani Fabiano Ugo de Velasco e Anna Rodriguez, cambiò il suo cognome per vanità in Velasquez, il famoso pittore spagnolo. Fu allievo del Tresca e del Mercurio, ed ebbe un’intensa collaborazione col Marvuglia. A Palermo decorò palazzo Belmonte Riso, la Chiesa di S’Antonio di Padova, l’Orto Botanico, la villa Belmone, la villa Valguarnera (a Bagheria), la grande sala del Parlamento al Palazzo Reale, la Casina Reale di Ficuzza. Sue opere si trovano in numerose chiese di Sicilia. A Nicosia, per gli altari della chiesa di San Biagio, tra il 1772 ed il 1775, dipinse cinque pregevoli tele raffiguranti rispettivamente: San Biagio che guarisce un ammalato di gola, Estasi di Santa Scolastica, Martirio di San Placido e dei suoi compagni, Presentazione di Gesù al Tempio, San Benedetto che abbatte la statua di Apollo. Nel Duomo di Nicosia, collocata in fondo al presbiterio, si trova la sua maestosa tela della Resurrezione.
Pietro Bencivinni nacque a Polizzi Generosa alla fine del XVIII secolo: maestro nell’intagliare e scolpire il legno, è lo scultore di due Custodie barocche collocate nelle chiese di Nicosia. Oltre a quella della chiesa di S. Biagio, la Custodia più fastosa è quella conservata nella chiesa di S. Maria degli Angeli del convento dei cappuccini; il Bencivinni vi scolpì le splendide statuette collocate nelle nicchie della stessa, su incarico del barone di Sant’Andrea e San Carlo don Giovanni Speciale datato 11.8.1745; l’opera fu completata il 29 Settembre 1747.
Filippo Quattrocchi (1738-1813), scultore ligneo gangitano formatosi all`arte barocca, si trasferì nel 1761 a Palermo dove collaborò con Vito D`Anna e dove ebbe una propria bottega, producendo statue in legno dipinte a tempera per le chiese di numerosi centri siciliani. Dei due figli, Francesco (1779-1861) proseguì nella stessa attività e operò anche nella scultura in marmo e nella decorazione in stucco. A Nicosia sono attribuite a Filippo Quattrocchi le seguenti statue lignee:
- due San Nicolò vescovo nella Cattedrale;
- una Addolorata avvolta nell’ampio mantello e coperta dal drappo ebraico a strisce, sempre nella Cattedrale;
- la Vara processionale di S. Nicolò, composta da quattro pannelli dorati ad altorilievo con scene della vita del Santo;
- una prova di autore di San Nicolò vescovo conservata presso il convento dei Frati Minori Cappuccini;
- il Gruppo statuario dell’Assunta del 1797, conservato nella basilica di Santa Maria Maggiore;
- il Gruppo statuario della Pietà nella chiesa di San Calogero;
- un San Filippo Neri nell’Oratorio dì San Filippo Neri;
- una Natività scolpita in un pannello di altare in altorilievo dorato nelle Cattedrale;
sempre nel Duomo, le statuette dorate raffiguranti i Santi Andrea e Bartolomeo , come pure i reggiceri e i vasi artistici intagliati e dorati.
Padre Bonaventura da Nicosia (1772-1843), secondo il Mongitore fu …uomo di acutissimo ingegno e dedito agli studi delle scienze naturali e della meccanica, sotto la disciplina del Garigliano, mostrò grande talento anche nel maneggiare il pennello (notizie tratte dal ms “Notizie di Artisti Siciliani”, raccolte da A. Mongitore); a Nicosia sono a lui attribuiti le seguenti tele conservate nella chiesa di S. Maria degli Angeli:
- Madonna con Bambino fra Santa Brigida e Sant’Antonio;
- Madonna che offre Gesù Bambino a San Felice da Cantalice alla presenza di Santa Veronica Giuliani e Beato Crispino da Viterbo.
Giovanni Garigliano da Nicosia (?-1791), allievo del conte Serenario, coltivò per diletto la pittura e ne divenne importante interprete. A Nicosia realizzò:
- la Visione di S. Teresa d’Avila, tela collocata nella chiesa di S. Giuseppe
- presso il palazzo del barone Spataro, due quadri della sua famiglia;
- presso la nobile famiglia Cirino due quadri, dell’Annunziata uno, ed l’altro della Presentazione di Gesù Cristo al tempio.
Nicolò Sauro da Nicosia, cappellano della religione di Malta, coltivò la pittura per diletto; morì immaturamente nel 1782. Un suo dipinto raffigurante l’Addolorata (1780) è conservato nella chiesa di S. Giuseppe.
Francesco Scattiola di Nicosia, modellatore in creta, scolpì la statua di S. Paolo nella chiesa di S. Antonio, e una statua della Immacolata nell’antica chiesa di S. Maria dei Miracoli. Visse intorno al 1750.
D`Urso